Legittima la delibera che richiede una dichiarazione di ripudio del nazifascismo
Nel definire le condizioni cui è subordinata la concessione di aree pubbliche, l’amministrazione ben può perseguire l’obiettivo di evitare che esse vengano utilizzate per il perseguimento di finalità antidemocratiche proprie del partito fascista

Legittima la delibera comunale di indirizzo per il rilascio di concessioni temporanee per occupazioni di aree pubbliche con cui si preveda l’obbligo per il richiedente di allegare una dichiarazione di impegno a riconoscersi nei principi della Costituzione italiana e di ripudiare il fascismo e il nazismo. Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza numero 7687 del 19 settembre 2024 del Consiglio di Stato), chiamati a prendere in esame il contenzioso tra un’associazione e la giunta comunale di Brescia. Per i giudici non ci sono dubbi: nel definire le condizioni cui è subordinata la concessione di aree pubbliche, l’amministrazione ben può perseguire l’obiettivo di evitare che esse vengano utilizzate per il perseguimento di finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, ovvero per la pubblica esaltazione di esponenti, fatti, metodi e finalità antidemocratiche del fascismo – comprese le idee e i metodi razzisti – o ancora per il compimento di manifestazioni usuali del disciolto partito fascista, ovvero di organizzazioni naziste, trattandosi di un obiettivo di interesse pubblico alla luce della ispirazione antifascista della nostra Costituzione. E su quest’ultimo punto si soffermano ulteriormente i giudici, sottolineando la matrice antifascista della Costituzione repubblicana, matrice che emerge, spiegano, tanto dalla sua genesi, quanto dalla sua struttura e contenuto, come la dodicesima disposizione transitoria e finale della Costituzione, che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e la ‘legge Scelba’, che, nel dare attuazione alla predetta norma costituzionale, ha fornito una tutela anticipata al bene giuridico definibile come ordine pubblico democratico e costituzionale in relazione a manifestazioni che, in connessione con la loro natura pubblica, possono essere tali da indurre alla ricostituzione di un partito che, per la sua ideologia antidemocratica e per espressa previsione, è contrario all’assetto costituzionale. Per completare il quadro, e riconoscere ancora maggiore solidità all’operato della giunta comunale di Brescia, i giudici chiariscono che l’ente pubblico può legittimamente escludere in via preventiva dall’uso esclusivo dei beni pubblici i soggetti che si facciano portatori del pensiero fascista e che potrebbero avvalersi di quegli stessi beni, sottratti all’uso della collettività, per il perseguimento di finalità antidemocratiche. Tale tutela preventiva si rende opportuna in quanto, in caso contrario, il pregiudizio potrebbe non essere necessariamente e interamente riparabile ex post mediante l’applicazione di sanzioni o la decadenza della concessione. In tal caso, non viene in rilievo una restrizione irragionevole delle libertà di manifestazione del pensiero e di associazione, bensì una misura preventiva volta a evitare che lo spazio pubblico, di cui si chiede la concessione, venga utilizzato con modalità e per finalità incompatibili con l’ordinamento costituzionale.