Eccesso di velocità: documenti relativi a taratura e funzionalità danno forza all’autovelox
In generale, in presenza di contestazione da parte del soggetto sanzionato, spetta all’amministrazione dare la prova positiva dell’iniziale omologazione e della periodica taratura dello strumento
Certificato di taratura e verbale di funzionalità legittimano l’operatività dell’apparecchiatura per il controllo della velocità dei veicoli e, quindi, bastano ad inchiodare l’automobilista col piede ‘pesante’.
Questa la prospettiva adottata dai giudici (ordinanza numero 26522 del 2 ottobre 2025 della Cassazione) a chiusura del contenzioso originato da un episodio verificatosi in provincia di Ravenna e costato una salata contravvenzione ad un automobilista.
Decisivo il controllo compiuto dall’apparecchiatura denominata ‘Tutor’, che certifica la violazione del limite di velocità da parte dell’automobilista.
Ora, sei anni dopo il fatto, la multa non è più in discussione. Smentita anche in Cassazione, come già in Tribunale, la decisione del Giudice di pace, che aveva annullato la sanzione a fronte di una presunta dichiarazione con cui la Prefettura avrebbe riconosciuto di non avere effettuato la taratura annuale dell’apparecchiatura.
In realtà, la Prefettura ha invece prodotto sia il decreto di omologazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, risalente a fine maggio del 2017, sia il certificato di taratura, risalente al luglio del 2018, sia il verbale di verifica di funzionalità, risalente al dicembre del 2018.
A fronte di tali elementi, la corretta taratura del ‘tutor’ è da presumersi fino a prova del contrario, prova che, in questa vicenda, non è stata mai data dall’automobilista.
Assolutamente inutili le obiezioni sollevate in Cassazione dall’automobilista. Ciò a fronte delle carte messe sul tavolo dalla Prefettura.
In generale, difatti, in presenza di contestazione da parte del soggetto sanzionato, spetta all’amministrazione dare la prova positiva dell’iniziale omologazione e della periodica taratura dello strumento.
In questo quadro si inserisce quanto stabilito nel 2015 dal Ministero dell’Interno, secondo cui è prescritta la verifica periodica di funzionalità e taratura, con cadenza almeno annuale, delle apparecchiature di controllo da remoto o per la contestazione successiva delle violazioni in materia di velocità. Tale verifica deve, essere effettuata presso un centro accreditato ‘ACCREDIA’ (designata quale unico organismo nazionale autorizzato a svolgere attività di accreditamento, ovvero presso lo stesso costruttore, se abilitato alla certificazione di qualità aziendale.
Successivamente, cioè nel 2017, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha stabilito che le verifiche iniziali e periodiche di taratura devono essere eseguite, con emissione di certificato di taratura, da soggetti che operano, in conformità ai requisiti, come laboratori di taratura, accreditati da ‘ACCREDIA’ o da altri organismi di accreditamento.
Ciò detto, bisogna tenere conto, annotano i giudici di Cassazione, del fatto che dai documenti prodotti dall’amministrazione risulta sia la iniziale omologazione dell’apparecchiatura di rilevazione della velocità sia la relativa taratura, avvenuta nel luglio del 2018, sia l’ulteriore verifica di funzionalità, avvenuta nel dicembre del 2018, a distanza di meno di cinque mesi dalla constatazione dell’infrazione, avvenuta nell’aprile del 2019.
Impossibile, quindi, checché ne dica l’automobilista, mettere in dubbio la funzionalità dell’apparecchiatura che ne ha registrato l’eccesso di velocità.